A poco più di 20 anni dalla prima vittoria dell’Eccellenza, l’ex centrocampista ricorda quell’annata
Come tutti sappiamo il calcio nella nostra città, nell’ultimo anno, ha subìto uno scossone, con la scomparsa di un marchio storico come quello della F.C. Aprilia. È rimasto solo il Centro Sportivo Primavera, altro nome che ha accompagnato la crescita dello sport più amato all’interno dei nostri confini, a rappresentare la disciplina ad alti livelli.
Un vero peccato, perché pochi anni fa c’era stato un evento che aveva ricordato a tutta Aprilia uno dei momenti più importanti della sua storia calcistica: la prima vittoria in un campionato di Eccellenza ed il conseguente approdo nel semiprofessionismo della Serie D. Tra i protagonisti di quella cavalcata incredibile della stagione 1999/2000 c’era anche Massimiliano Celli, rimasto legato alla città di Aprilia dove gestisce un bar in pieno centro.
«Dispiace che tutti i sacrifici fatti in quegli anni per uscire dal limbo delle categorie regionali – afferma l’ex centrocampista biancoazzurro – siano sfumati con la sparizione del titolo sportivo legato a quella società. Ora tifiamo tutti per il Centro Primavera, nome altrettanto importante per la città, ma un pizzico di rammarico non si può nascondere. Resta comunque l’orgoglio per aver fatto parte del momento cruciale della storia calcistica di Aprilia. La vittoria di quel campionato è stata il vero trampolino di lancio per l’Aprilia Calcio che poi ha superato anche il livello della Serie D per approdare nel professionismo, con i tre anni di Lega Pro.
Fu il coronamento di un percorso nato già qualche stagione prima, con la vittoria della Coppa Italia dilettanti pur essendo una squadra di Promozione. Poi arrivò Treiani come presidente che diede una spinta decisiva grazie alla sua ambizione. E poi il contributo di mister Paolo D’Este, un allenatore che ti costringeva a studiare: tutti i nuovi venivano agli allenamenti con carta e penna per capire cosa lui volesse vedere in campo».
Tanti i ricordi che affiorano ripensando a quella stagione vincente: «Nello scontro diretto col Ferentino – ricorda Celli – compimmo una grande rimonta che ci fece capire quanto fossero importanti le nostre potenzialità. E poi l’ultima di campionato, con il Sezze Setina, quando mister D’Este ci disse negli spogliatoi che quella gara doveva essere chiusa in un mezzora e noi, dopo un quarto d’ora, avevamo già la vittoria in pugno.
Eravamo davvero un tutt’uno con l’allenatore, con il Presidente e con la città: portavamo duemila persone allo stadio, qualcosa di incredibile che non si è più ripetuto. Perché? Beh salendo di categoria le cose cambiano inevitabilmente: vengono giocatori da fuori e che non frequentano la città come facevamo noi. Il rapporto è diverso per forza di cose e un po’ di distacco è inevitabile. Noi, invece, eravamo un corpo unico con la società, con il direttore sportivo De Min che partecipava alle nostre partitelle di allenamento, e con la città».
Una macchina praticamente perfetta, quell’Aprilia Calcio. Dove il gruppo di giocatori era in piena sintonia con l’allenatore anche nei momenti più importanti: «Prima della gara col Ferentino – racconta Celli – andammo in ritiro al Nido ed io, avendo il bar, portai cornetti e bibite per stare insieme ai compagni anche dopo l’orario del rompete le righe imposto dal mister. Che tra l’altro disse al cuoco di portarmi un piatto di riso e invece, visto che ormai Guerino conosceva i miei gusti, mi ritrovai davanti una lombata spettacolare.
Poi verso l’1 e mezzo di notte venne proprio D’Este a bussare alla nostra camera: io mi nascosi dietro la porta e lui fece una bonaria strigliata ai quattro o cinque compagni che erano davanti a cornetti e quant’altro. Poi scoprì il mio nascondiglio e ci facemmo tutti una bella risata. E il giorno dopo vincemmo alla grande quella partita».
Massimo Pacetti