Ferruccio Manzini è un nome che i vecchi appassionati di calcio locale conoscono bene. Classe 46, attaccante brevilineo, veloce, dal dribbling stretto e con una gran botta a rete dal limite dell’area di rigore, era uno di quei giocatori che volevi sempre dalla tua parte. “I primi calci al pallone li tirai al campo della parrocchia della chiesa di San Michele arcangelo quando il parroco era don Bruno, racconta Manzini, eravamo un gruppetto di giovani del 1946-47, una delle prime squadre che hanno fatto da apripista per le generazioni di giovani che si sono alternate sui campi della chiesa”. All’età di 16 anni il salto. Viste le qualità dimostrate sul terreno da gioco Manzini fu inserito immediatamente in prima squadra nella gloriosa A.C. Aprilia. “Un paio di stagione all’Aprilia per poi passare con mio amico e compagno di squadra Beltrami alla Pro Cisterna, racconta Manzini, colgo l’occasione per salutare il mio amico che purtroppo è scomparso lo scorso anno, un ragazzo dalle grandi qualità calcistiche con il quale abbiamo condiviso tantissime partite”. A Cisterna Manzini ci passa un decennio giocando come punta avanzata in promozione. Manzini è uno specialista delle categorie della Promozione e della Eccellenza. “Dopo quegli anni a Cisterna tornai ad Aprilia pe un paio di stagioni per poi tornare a Cisterna, poi Gaeta e Nettuno. “Ero un giocatore di carattere, coraggioso e generoso. Il mio modello era Boninsegna. Non mi intimorivo facilmente, ero piuttosto sfrontato in campo. Il calcio prima era diverso da quello che vediamo oggi. Non c’erano i guardalinee federali e non tutto quello che avveniva in campo era registrato dall’arbitro di turno. I contatti fisici erano marcati e spesso il corpo a corpo era la norma. Io piccolo di statura spesso mi trovavo ad essere marcato da ragazzi molto alti e prestanti e se fossi stato di carattere remissivo non avrei avuto vita facile”. Durante quelle stagioni tra Cisterna e Aprilia i gol fioccavano grazie ai quali sia il Cisterna che l’Aprilia vinsero i rispettivi campionati. Ferruccio Manzini era uno specialista della categoria. “L’esperienza più importante fu quella dell’estate del ’66 a Rapallo, racconta Manzini, fui chiamato con lo Spezia calcio che all’epoca militava in serie C per un torneo piuttosto importante. Tra le varie partite e buone prestazioni ricordo un’amichevole vinta con un mio gol contro il Genova. Fu una grande emozione ed una scuola di vita, potei ammirare strutture di primo ordine e cornici di pubblico di circa 10 mila unità”. “Ricordo un episodio particolare durante il tradizionale torneo dei bar. Facevo parte della formazione del conosciutissimo bar Mimmi e durante una partita del torneo che all’epoca era seguitissimo nel mese di luglio con noi giocò Bruno Conti. Quello che sarebbe diventato un campionissimo era agli esordi ma già faceva intravedere una stoffa da fuoriclasse. Ricordo un mio gol durante quella partita proprio su assist di Bruno Conti. Fece una serpentina scartando 5 giocatori, mi passò la palla e feci gol. Ricordo una gioia fortissima”. Manzini termina la carriera da calciatore a 34 anni. “Giocare e lavorare era piuttosto difficile, ricorda, quando morì mio padre dovetti dedicarmi al lavoro e andare agli allenamenti dopo 8 o 9 ore di lavoro non era facile”. Terminata la carriera da calciatore Manzini passò in panchina e inizio ad allenare. “La passione non mancava e la voglia di mettermi in gioco fece il resto. Fui chiamato da Mario Stradaioli all’Aprilia e inizia con la scuola calcio. Un decennio di grandi soddisfazioni, ottimi risultati e tanto divertimento. Allenare i ragazzi è meraviglioso”.