PIROZZI ALLENATORE DELL’APRILIA, LA STAGIONE 2009-2010 È RIMASTA NEL CUORE

Sport e politica. Calcio e politica ad essere precisi. Queste sono le parole d’ordine di Sergio Pirozzi indimenticato allenatore dell’Aprilia calcio, stagione 2009-2010. Una stagione intera e un pezzetto della seconda, quanto basta per restare nei ricordi degli appassionati pontini di calcio. Conosciuto ai più come sindaco di Amatrice, Pirozzi ha guidato la panchina apriliana prendendo la squadra ai margini del calcio pontino portandola in pochi mesi nelle posizioni nobili del calcio regionale. “Arrivai sulla panchina dell’Aprilia calcio nel novembre del 2009, racconta Pirozzi, presi la squadra quando da poco ero stato eletto sindaco di Amatrice. Un momento importante della mia vita. Ero da tempo nel mondo dello sport ma Aprilia segnò l’inizio di una fase nuova della mia vita, una fase nuova della mia stagione politico-amministrativa. Le due passioni, erano due impegni che mi portavano via molto tempo e impegno, iniziarono a camminare in parallelo. La squadra al mio arrivo non navigava in acque semplici e quell’anno con un girone di ritorno a dir poco splendido arrivammo quinti in classifica mettendo dietro di noi diverse formazioni sulla carta più accreditate e più blasonate come ad esempio il Latina”. “Ricordi positivi di una esperienza molto piacevole, aggiunge Pirozzi, con la presidenza Lazzarini e uno staff tecnico all’altezza della situazione mettemmo su una compagine di livello e ci togliemmo diverse soddisfazioni”. In città ancora si ricorda la formazione di Pirozzi. 4231 che all’occorrenza diventava un 433 o un 442. Un modulo che prevedeva la difesa a quattro in linea, un marchio di fabbrica firmato Pirozzi come base di partenza per un progetto sportivo interrotto bruscamente ma che prometteva veramente un gran bene. “Il secondo anno di quel viaggio tecnico sportivo fu interrotto, ricorda ancora Sergio Pirozzi, l’impegno politico ad Amatrice diveniva sempre più impegnativo e la concentrazione vacillava. Il gioco in quell’anno c’era la battaglia per tenere aperto l’ospedale di Amatrice. Battaglia, non lo nego, che mi assorbiva molte energie mentali. Non potevo più continuare a viaggiare su due vie parallele e il rapporto con il calcio apriliano subì un doloroso stop. Fu un vero peccato e mi assumo tutte le responsabilità del caso ma il destino mi mise al cospetto di scelte difficili”. Pirozzi vinse da sindaco la battaglia di Amatrice contribuendo a mantenere aperto l’ospedale territoriale. La squadra l’anno dopo vince il campionato ma Pirozzi respinge con signorilità un pezzetto di paternità che ad Aprilia molti gli riconoscono. “Quella promozione è merito del gruppo e della nuova guida tecnica, chiarisce, certamente ho contribuito a formare quel gruppo, questo non lo nego. Insieme lavoravamo molto bene, c’era molta sintonia e scegliemmo dei prospetti molto interessanti che si rivelarono di grande affidamento. Alla fine di quella bella annata avrei dovuto lasciare per dedicarmi a tempo pieno all’amministrazione di amatrice. Fui spinto a restare”. Oltre alla panchina dell’Aprilia Pirozzi ha guidato molte altre realtà: nella lunga lista troviamo: Rieti, Ostia, Trastevere, Soriano, Alessandria e Ascoli. Alessandria è stata l’ultima panchina in ordine di tempo. Esperienza breve e negativa, la società ha subito anche un fallimento. “Aprilia è assolutamente un ricordo positivo. E’ una città dove ho lasciato tanti amici non solo nel mondo del calcio. Ho toccato con mano l‘affetto che la città riponeva nella mia persona dopo il terremoto di Amatrice. In molti mi hanno aiutato, in molti ci hanno aiutato. Segno di un rapporto umano oltre che sportivo vero, autentico. CVolgo l’occasione di questa intervista per ringraziare tutti gli amici di Aprilia e fare loro tanti auguri”. Rispetto alle attuali vicende sportive delle cose apriliani Pirozzi ripete la sua filosofia sportiva: alla base di un progetto sportivo deve esserci soprattutto continuità. E’ la determinazione che ti porta a superare anche i momenti difficili che presto o tardi si presentano. Un progetto deve, inoltre, camminare sulle spalle di un team tecnico serio fatto di gente di campo e osservatori. Osservatori che sappiano scandagliare le categorie cosiddette inferiori e valorizzare i ragazzi. Lavorando in questo modo prima o poi i risultati arrivano”.